PARTECIPAZIONE POLITICA/1

La prima cosa da fare è quella di giungere a una differenza di significato tra il consenso politico e la partecipazione politica. Sappiamo che l'individuo opera nella società attraverso l'assunzione di uno o più ruoli, credenze e valori inerenti alla società stessa: si tratta certo di una forma di partecipazione che implica anche partecipazione politica. Perchè infatti l'attività politica individuale possa definirsi oltre che con il termine di consenso anche con quello di partecipazione, occorre che i motivi che conducono a tale attività non siano esterni all'individuo, non gli vengano imposti dall'alto, ma siano di origine interna. Tuttavia la volontà individuale non basta da sola e permettere una valida partecipazione politica. Come conseguenza di tutto ciò si assiste a una situazione di estrema variabiltà nell'ambito  della volontà partecipativa che si caratterizza in forme e livelli differenti. Il massimo livello e la più vasta gamma di forme che differenziano la volontà partecipativa viene fornita da coloro che partecipano alla formazione di un'opinione in materia politica, o meglio da coloro che fanno l'opinione, cioè gli uomini che si occupano seriamente dei pubblici affari, affari sia a titolo professionale (membri dei vari corpi legislativi, giornalisti, altre persone che si consacrano attivamente alla politica)sia a titolo privato per il fatto che prendono sufficientemente a cuore il loro dovere di cittadini per seguire attentamente ciò che succede sulla scena politica. La schiera di questi individui è tuttavia molto ridotta, mentre più larga è quella di coloro che accettano un'opinione precostituita e se la tengono; costoro, sebbene relativamente passivi, prendono un certo interesse per le cose politiche, ne parlano ne discutono, leggono i giornali, partecipano alle riunioni. Infine il livello minimo di partecipazione viene espresso da coloro che sono del tutto indifferenti agli affari pubblici, leggono poco e pensano ancor meno al riguardo. Difficilmente tali individui sono in grado di pensare e nelle rare volte in cui ciò succede l'idea professata è quella prevalente nel proprio ambiente o nella propria classe sociale; essi rappresentano la massa, tanto più ideale quanto meno riflessiva. Per quanto riguarda poi il secondo punto, relativo all'assetto istituzionale della società, le condizioni indispensabili per la partecipazione politica consistono nella libertà e nella democrazia; esiste tuttavia un'altra condizione importante per il concretizzarsi della partecipazione: il potere decisionale. Senza potere decisionale, ossia senza la possibilità non solo teorica ma pratica al controllo dell'organizzazione della  vita politica di concorrere in modo qualificante ed adeguato alla determinazione e al controllo dell'organizzazione della vita politico-economica della società, la partecipazione politica si ridurrebbe a un semplice espressione formale. Fatte queste considerazioni è ora di parlare della situazione attuale della partecipazione politica , o meglio, come già detto, dell'apatia, così evidente da non essere messo neppure in discussione. Si obietta che nel nostro Paese l'affluenza alle urne è rilevante. Vero ma, il fatto di far coincidere la partecipazione politica con l'atto del voto è restrittivo del concetto stesso di partecipazione e quindi in buona parte errato, in quanto si finisce per limitare e prescrivere il significato di un concetto che riguarda tutta la persona a un solo atto anche se significativo. Si deve riconoscere che la crisi economica e istituzionale, lo sviluppo delle grandi organizzazioni di tipo burocratico, la nascita di nuovi e sottili mezzi di pressione e manipolazione hanno contribuito da un lato a una sacralizzazione del potere sociale ed ad una conseguente disarmo da parte dell'individuo quasi schiacciato da forze inumane che non è più in grado di controllare, e dall'altro ad un deterioramento della condizione di vita  politica, mettendo chiaramente in evidenza come la sovranità popolare sia soltanto un'astrazione, in quanto privata dalla garanzia di un sistema di contrappesi e di salvaguardia contro le interferenze di poteri estranei e contro la deformazione dei poteri legittimi. Inoltre lo spostamento dei poteri decisionali dai centri propri a centri diversi dagli organi dello Stato (influenza dei gruppi di pressione economica, svuotamento degli organi di stato a vantaggio di quelli di partito ,ecc..)ha contribuito a favorire la sfiducia del cittadino nello Stato e nella validità dell'esercizio democratico al punto di giudicare inutile una partecipazione politica di tipo critico e riflessivo che si preoccupi della cosa pubblica, ponendo concretamente il problema del proprio atteggiamento e del proprio ruolo nell'ambito sociale. Non è che si perda interesse per la politica ; è che ad un certo punto si giudica addirittura impossibile una effettiva partecipazione. Si rinuncia al tentativo di modificare il sistema  anche se ciò non viene senza rimpianti,, in quanto si ritiene che l'impresa sia troppo superiore alle proprie forze, considerando che le energie consumate nel lavoro, nella confusione crescente della città, nell'assistere agli spettacoli di massa, conducono a un logorio tale da rendere molto debole il desiderio di dedicarsi alle vicende politiche. E' vero che alcune volte la responsabilità dell'apatia ricade sull'individuo, sul suo egoismo, e i suoi pregiudizi, in quanto si pretende da un lato di mantenere inalterati i privilegi di cui si gode con un minimo di sacrifici possibili e dall'altro di partecipare politicamente solo nei casi di assoluta necessità, così da non vedere strumentalizzata la propria vita privata in relazione al fine politico; ma è vero che tale responsabilità  non è solo sua, a causa della manipolazione esistente nella società e tesa a impedire che la partecipazione politica individuale da teorica si trasformi in pratica. Ciò avviene tanto a livello istituzionale quanto a livello sociale. Infatti il problema della partecipazione politica alla gestione del potere implica una risoluzione del quesito circa la necessità o meno della rappresentanza come elemento intermedio necessario tra il corpo sociale ed il vertice per l'elaborazione delle decisioni. Dato comunque per scontato l'esercizio del potere decisionale in materia indiretta, cioè attraverso il ricorso alla delega politica che è espressione della rappresentanza parlamentare , si accentua sempre più la distanza sociale fra organi di potere ed individuo tale da rendere la partecipazione politica sempre meno cosciente, critica e riflessiva. Infatti alla base del processo partecipativo si trova la trasformazione di una domanda politica nata da esigenze univoche o conflittuali emerse dalla società su cui innestano dei processi di trasmissione di tale domanda attraverso partiti e gruppi sociali che se ne rendono interpreti sulla base di un processo di delega attraverso il quale l'individuo non solo elegge i suoi rappresentanti ma si identifica con essi.

(continua)

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